Ambienti confinati: normativa di riferimento e requisiti

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Ambienti confinati: normativa di riferimento e requisiti

La normativa italiana per la sicurezza negli ambienti confinati trova le sue radici nel Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. 81/08), in particolare nell’art. 66 (Lavori in spazi sospetti di inquinamento) e nell’Allegato IV, che definisce i requisiti per luoghi come vasche, silos e serbatoi.
Tuttavia, di fronte al numero significativo di incidenti, talvolta fatali e spesso caratterizzati da dinamiche ricorrenti, si è reso necessario un intervento normativo più specifico.

Per far fronte a questa criticità e innalzare il livello di qualificazione delle imprese, è stato emanato il DPR 177/2011, un decreto che stabilisce i requisiti per la sicurezza e la formazione di chi lavora in spazi confinati, con l’obiettivo di prevenire rischi e incidenti.

 

Cos’è un ambiente confinato?

Un ambiente confinato è uno spazio delimitato non progettato per la permanenza continuativa del lavoratore, ma comunque sufficientemente ampio da permetterne l’ingresso, lo svolgimento delle attività assegnate e comunque di dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.

Caratteristiche comuni:

  • Accessi ridotti o complicati
  • Ventilazione insufficiente
  • Possibile presenza di agenti nocivi per la salute

Esempi tipici:

  • Gallerie
  • Serbatoi e cisterne
  • Pozzi
  • Condotte e tubazioni

 

Quali sono i rischi specifici legati ai lavori in spazi confinati?

Ogni spazio confinato presenta specifici pericoli che devono essere attentamente valutati prima dell’inizio dei lavori. Tra i rischi più frequenti si annoverano:

  • Asfissia: carenza di ossigeno nell’atmosfera interna;
  • Intossicazione: presenza di gas o vapori tossici;
  • Incendio ed esplosione: accumulo di sostanze infiammabili;
  • Seppellimento o annegamento: movimenti di materiali o liquidi;
  • Scariche elettriche: contatto con componenti sotto tensione;
  • Cadute e scivolamenti: superfici irregolari o scivolose;
  • Microclima: temperature estreme o umidità elevata;
  • Contatto con parti meccaniche in movimento.

Per ciascun ambiente è obbligatorio svolgere una valutazione dettagliata dei rischi, identificando misure di prevenzione e protezione adeguate, nonché procedure in caso di emergenza.

 

Quali sono i requisiti per le aziende per operare in ambienti confinati?

Le imprese che operano direttamente o esternalizzano attività in spazi confinati devono rispettare quanto segue:

  • Valutazione dei rischi e sorveglianza sanitaria: Applicazione delle disposizioni vigenti per l’individuazione, la gestione e il monitoraggio dei rischi, nonché per la tutela della salute dei lavoratori.
  • Personale esperto: Almeno il 30% della forza lavoro deve essere composto da addetti con almeno tre anni di esperienza specifica documentabile in ambienti confinati.
  • Formazione e addestramento: Tutti i lavoratori, incluso il datore di lavoro qualora operi direttamente in spazi confinati, devono ricevere un’informazione, una formazione e un addestramento specifici e mirati. A tal proposito, il nuovo Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025 ha aggiornato i requisiti minimi.
    Restano invece invariate le disposizioni per l’aggiornamento, che confermano la periodicità quinquennale con una durata minima di 6 ore.
  • Dispositivi di protezione individuale e attrezzature: È obbligatoria la fornitura e l’uso di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) e di attrezzature di sicurezza che siano conformi a quanto stabilito dalla valutazione dei rischi. È fondamentale che i lavoratori non solo siano provvisti dei DPI idonei, ma che siano anche addestrati a utilizzarli correttamente secondo le procedure prescritte. In base alla natura dei rischi presenti, l’equipaggiamento minimo per il personale deve includere:
    • Protezione delle vie respiratorie: maschere con filtro o respiratori isolanti.
    • Protezione della testa: elmetto contro la caduta di materiali o urti.
    • Dispositivi anticaduta: imbracatura di sicurezza.
    • Protezione delle mani e degli occhi: guanti e occhiali protettivi (contro sostanze pericolose, schegge, ecc.).
    • Abbigliamento e calzature: indumenti di protezione e calzature di sicurezza.
  • Rappresentante aziendale: Designazione di un referente interno con competenze e formazione specifiche per la supervisione delle operazioni in ambienti confinati.
  • Informazione da parte del committente: Obbligo del committente di comunicare a tutti gli operatori i rischi presenti e le misure di prevenzione adottate.

Per lavoratori autonomi e imprese familiari si applica anche il comma 2 dell’art. 21 del D.Lgs. 81/2008.

 

Conseguenze del mancato rispetto

La sanzione principale prevista direttamente dal DPR 177/2011 è la perdita della qualificazione necessaria per svolgere tali attività, sia in modo diretto che indiretto (ad esempio, in subappalto).

Tuttavia, è proprio nel collegamento con il D.Lgs. 81/2008 che emergono le implicazioni più gravi, dato che il mancato rispetto dei requisiti del DPR 177/2011 si traduce direttamente nella violazione di numerosi articoli del Testo Unico.

Tra le principali violazioni contestabili in caso di non conformità alle norme per gli ambienti confinati, e le relative sanzioni, vi sono:

 

  • Mancata o inadeguata Valutazione dei Rischi (art. 28 e 29): Arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro;
  • Mancata o inadeguata formazione e addestramento dei lavoratori e del preposto: Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.200 a 5.200 euro;
  • Mancata fornitura di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) idonei: Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.500 a 6.000 euro;
  • Mancata attuazione delle procedure di lavoro e di emergenza (art. 66 e All. IV punto 3): Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.000 a 4.800 euro;
  • Mancata sorveglianza sanitaria (art. 41): Arresto fino a 6 mesi o ammenda da 2.000 a 4.000 euro.

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